DISFAGIA

La disfagia è una condizione che si instaura spesso in seguito ad un danno cerebrale (ictus). Comporta una difficoltà nell’organizzare, a vari livelli, l’atto della deglutizione. Per garantire un adeguato apporto nutrizionale e di liquidi al paziente disfagico sarà necessario modificare la consistenza degli alimenti e dei liquidi in modo da evitare il passaggio dei suddetti nelle vie aeree, scongiurando il pericolo di polmonite ab ingestis. La dieta può avere vari gradi di consistenza (liquida, semiliquida, cremosa, morbida, tritata) in base al tipo e al grado di disfagia.

In generale si consiglia di frazionare la dieta in 5-6 piccoli pasti giornalieri, da consumare lentamente e in ambiente tranquillo, evitando di parlare mentre si mangia. I cibi di consistenza omogenea sono più facili da deglutire rispetto a quelli a “doppia consistenza” come per esempio la pastina in brodo o il latte coi cereali. Abitudini importanti sono mantenere una posizione eretta per almeno 20 minuti dopo il pasto e curare la pulizia della bocca e delle fosse nasali per evitare il ristagno di cibo, muco e saliva.

MALATTIA DI ALZHEIMER

La Malattia di Alzheimer è una demenza gravemente invalidante che insorge prevalentemente in età senile e porta al progressivo deterioramento delle funzioni cognitive, della memoria e alla progressiva perdita di autonomia. Anche il mangiare ed il bere possono diventare un problema per il malato e per chi lo assiste, portando inevitabilmente ad una perdita di peso e ad uno stato di malnutrizione. Con il progredire della malattia il paziente non sarà in grado di alimentarsi da solo e andrà imboccato. In tal caso sarà importante applicare le stesse indicazioni utili per il paziente disfagico, adeguando bene la consistenza del cibo (spezzettato, cremoso, tritato in base alla necessità) per evitare soffocamento. Altre regole: evitare i miscugli di cibi liquidi e solidi, i vegetali a struttura fibrosa o a foglia lunga (carciofi, fagiolini, cavolo, sedano), cibi troppo duri e di piccole dimensioni (noccioline, pop-corn). Utile assumere le bevande a piccoli sorsi servendosi della cannuccia oppure utilizzare acqua gelificata. Non insistere nella somministrazione del pasto se compare tosse, che può significare rischio di inalazione di cibo nelle vie aeree

Come prevenire il rischio di Alzheimer

Gli studi hanno dimostrato che il rischio di Alzheimer è più elevato nelle persone che consumano diete ipercaloriche ricche di grassi e povere di fibra vegetale, in quanto questo tipo di dieta favorisce la formazione di placche aterogeniche (con conseguente cattiva ossigenazione del cervello) e provoca un danno ossidativo ai neuroni. Un altro fattore correlato con il rischio di Alzheimer, oltre che di malattie vascolari in genere, è la iperomocisteinemia. Sebbene esistano forme ereditarie, l’iperomocisteinemia acquisita è solitamente il risultato di bassi livelli di vitamina B12, Vitamina B6 e soprattutto di Folati che sono necessari per il suo metabolismo. Buone fonti di folati sono i legumi, agli sparagi, le noci, gli spinaci, il succo di arancio. Fonti di B6 includono i cereali integrali, i cibi a base di soia, le arachidi, le noci, le banane e l’ avocado. La Vitamina B12 si trova solitamente nei cibi di origine animale, ma anche nei cereali, nel latte di soia fortificato e negli integratori vitaminici.

MALATTIA DI PARKINSON

Si tratta di una patologia del Sistema Nervoso Centrale secondaria alla degenerazione dei neuroni che producono Dopamina, un neurotrasmettitore responsabile del controllo dei movimenti. La terapia consiste nel somministrare la Levodopa, un aminoacido che a livello intestinale compete nell’assorbimento con alcuni aminoacidi introdotti con il cibo. Per tale motivo i pazienti affetti da Morbo di Parkinson necessitano di una dieta specifica, in quanto la composizione può interferire con l’efficacia della terapia. In pratica è consigliabile concentrare il pasto proteico della giornata (quello cioè che prevede l’assunzione del secondo piatto inteso come carne, pesce, uova, formaggio, legumi) alla sera privilegiando nel pranzo l’assunzione di cereali (pasta, riso, cereali). Può trovare indicazione anche l’utilizzo di prodotti commerciali aproteici allo scopo di abbassare la quota proteica giornaliera.

I grassi contrastano l’assorbimento del farmaco in quanto rallentano i tempi di svuotamento gastrico aumentando quindi il tempo di permanenza del farmaco a contatto con i succhi gastrici, che lo degradano.

Poiché la stipsi è un disturbo molto comune ai pazienti in trattamento con Levodopa si raccomanda un adeguato consumo di verdura, frutta, cereali integrali, nonché di acqua o tisane.

Altro problema possibile è la perdita di peso legata all’aumento del dispendio energetico (movimenti involontari), ma anche alla nausea e alla depressione che possono causare ipoalimentazione.

Qualora si manifestassero nell’arco della malattia difficoltà a masticare e a deglutire, gli alimenti e le bevande dovranno essere adeguati in consistenza per scongiurare il rischio di aspirazione nelle vie aeree (polmonite ab-ingestis).

Un recente studio milanese ha messo in evidenza come l’utilizzo di specifici integratori a base di sieroproteine del latte, arricchiti con leucina, calcio e vitamina D, possano condurre ad un miglioramento della forza e del tono muscolare.

Riepilogo degli obiettivi dietetici della Malattia di Parkinson.

  • Aiutare il paziente a raggiungere e/o mantenere un peso desiderabile
  • Distribuire l’apporto proteico della dieta in maniera adeguata onde evitare che gli aminoacidi possano interferire con il farmaco anti-Parkinson
  • Modificare la consistenza della dieta qualora il paziente abbia difficoltà alla masticazione e/o alla deglutizione.
  • Educare il paziente ad assumere adeguate quantità di fibra vegetale indigeribile per facilitare la funzionalità intestinale.
  • Mantenere un’ idratazione ottimale.
  • La dieta deve prevedere 3 pasti principali e due spuntini ad orari fissi, ricordando di assumere il farmaco a digiuno, circa 30 minuti prima del pasto. Aumentare il consumo dei carboidrati e ridurre quello proteico in tutti i pasti, ad eccezione della cena.
  • L’apporto proteico non deve di norma superare 0.8 gr/Kg/die, se è necessario ridurre ulteriormente è possibile ricorrere a prodotti aproteici.

SCLEROSI MULTIPLA E SLA

La Sclerosi Multipla o sclerosi a placche è una malattia infiammatoria demielinizzante del sistema nervoso centrale a genesi autoimmune. La degenerazione della mielina causa una netta riduzione della velocità di trasmissione dell’impulso dal sistema nervoso centrale alla periferia e viceversa. Le aree in cui la mielina è stata danneggiata sono dette placche: sono multifocali ed aumentano nel tempo. La malattia può presentarsi in varie forme e con differente evoluzione in base all’area colpita.

La Sclerosi Laterale Amiotrofica, detta anche SLA o malattia del motoneurone, è una malattia degenerativa e progressiva del Sistema Nervoso che colpisce selettivamente i motoneuroni.

La definizione “Sclerosi Laterale Amiotrofica” chiarisce le caratteristiche della malattia. Amiotrofico=i muscoli si atrofizzano per stimolo insufficiente, Laterale= si riferisce alla zona del midollo spinale che ospita le cellule interessate, Sclerosi=questa zona tende lentamente ad indurirsi.

Le conseguenze di questa malattia sono la perdita progressiva e irreversibile della capacità di deglutire (disfagia), di parlare (disartria), di controllare i muscoli scheletrici con una paralisi che può avere un’estensione variabile (fino ad interessamento dei muscoli respiratori, necessità di ventilazione assistita e morte). La SLA non altera le funzioni cognitive e sensoriali del malato.

Per quanto riguarda gli aspetti nutrizionali per la Sclerosi multipla e la SLA si fa riferimento alla dieta per il paziente disfagico. Il supporto nutrizionale enterale, esclusivo o parziale, presuppone il posizionamento di una PEG (gastrostomia percutanea) e va concordato col neurologo e col nutrizionista quando il paziente non è più in grado di alimentarsi per bocca in modo adeguato.

CEFALEA

Anche se l’alimentazione non è causa primaria di cefalea, alcune sostanze di origine alimentare contribuiscono a peggiorare i sintomi, scatenando attacchi di cefalea in soggetti predisposti. Tali alimenti contengono sostanze dotate di effetto vasoattivo e psicoattivo, come la tiramina, l’istamina e la fenilalanina, che si ripercuotono anche a livello cerebrale. I cibi più frequentemente chiamati in causa nella comparsa del mal di testa sono : formaggi stagionati, cacao, cioccolato, frutta a guscio, semi di sesamo, semi di zucca, agrumi, pomodori, carni conservate e trattate come wurstel, bacon, salumi, salsicce, aringhe, pesce conservato, glutammato monosodico (dadi, zuppe in scatola, cibo cinese, sughi preconfezionati), aspartame, nitriti (contenuti nei salumi e nelle carni in scatola), solfati (vini), cibi grassi, fritti, frutti di mare, bevande contenenti caffeina (cola, caffè, the) ma anche carenza di caffeina rispetto al consumo abituale, bevande alcoliche (vino rosso, birra), lievito di birra.

In particolare il vino rosso, le bevande contenenti teina e caffeina, il glutammato e nitriti sono i più scatenanti.

In generale si consiglia una dieta bilanciata a base di alimenti freschi (carne, pesce, verdure, frutta, riso, cereali, formaggi freschi, caffè decaffeinato, orzo, camomilla) che preveda cotture semplici ed una moderata aggiunta di sale.

 

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Dott.ssa Silvia Galetti
Specialista in Endocrinologia e Scienza dell’Alimentazione a Modena

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