OBESITA’

L’obesità rappresenta oggi uno dei maggiori problemi di salute pubblica a livello mondiale non solo perché la sua prevalenza è in costante e preoccupante aumento sia nell’adulto che nell’età evolutiva, ma anche perché rappresenta un importante fattore di rischio per numerose patologie croniche quali il diabete mellito di tipo 2, le malattie cardiovascolari e i tumori.

Le principali cause di questo fenomeno sono da attribuire alla sedentarietà e ad errate abitudini alimentari con consumo prevalente di cibi ipercalorici e poveri in fibra.

Esistono vari gradi di obesità, calcolabili grazie all’ indice di massa corporea, un indice ampiamente utilizzato ma che non tiene conto dell’età, della distribuzione del tessuto adiposo (addominale o periferico) né di eventuali patologie associate. In base al tale indice è possibile comunque ottenere una valutazione generale del peso corporeo per comprendere la propria “fascia” di collocazione. Normopeso=18.5-24.9, Sovrappeso=25-29.9, Obesità di I grado=30-34.9, Obesità di II grado=35-39.9, Obesità di III grado>40, Super Obesità>50)

La terapia dietetica dell’obesità, rifacendosi alle linee guida per la sana alimentazione italiana, sarà moderatamente ipocalorica, a ridotto contenuto di cibi ad elevata densità calorica come insaccati, formaggi e alimenti fritti, a ridotto contenuto in zuccheri semplici come quelli presenti nei dolciumi, bevande zuccherate, succhi di frutta, zucchero, marmellate, frutta sciroppata e ricca in frutta e verdura sia per l’apporto di fibra che di micronutrienti (vitamine e minerali).         La dieta dovrà ovviamente tenere conto anche di eventuali patologie concomitanti e andrà corredata, ove possibile, da un’adeguato programma di attività fisica che permetterà di incrementare il dispendio energetico e di migliorare l’efficienza metabolica dei muscoli.

L’utilizzo di diete troppo restrittive non è assolutamente da incoraggiare in quanto favoriscono la Sindrome dello yo-yo, ovvero il susseguirsi di cicli di calo ponderale seguiti da successivo recupero dei chili perduti . Tale errata pratica porta nel tempo ad una riduzione della massa muscolare a favore di quella grassa con conseguente riduzione del metabolismo basale e resistenza al calo ponderale, situazione davvero molto frustrante per il paziente. Oltre a ciò, questi sbalzi di peso sono dannosissimi per la salute dell’apparato cardiovascolare e possono predisporre alla comparsa di gravi problematiche o aggravarle se già presenti.

Il costante rapporto col proprio dietologo, grazie ad un percorso di ri-educazione alimentare che permetta di modificare in modo permanente l’errato stile di vita che ha portato all’obesità, aiuterà il paziente ad acquisire consapevolezza del proprio comportamento alimentare e a raggiungere un peso corporeo finale “accettabile”.

DIABETE MELLITO

Il diabete è una malattia che colpisce ogni anno milioni di persone nel mondo ed è caratterizzata dall’aumento dello zucchero nel sangue (glicemia). In base alla sua patogenesi il Diabete Mellito si distingue in Diabete di tipo 1 e in Diabete di tipo 2.

Il diabete di tipo 1 è una malattia autoimmune caratterizzata dalla distruzione delle cellule beta-pancreatiche con conseguente carenza totale o pressochè totale di insulina, un ormone prodotto dal pancreas in risposta alla quantità di glucosio presente nel sangue. Questa forma di diabete interessa più tipicamente l’età pediatrica.

Il diabete mellito di tipo 2 è caratterizzato da una alterata secrezione insulinica e da insulino-resistenza ed è spesso associato all’ obesità in quanto l’aumento del grasso addominale determina una minore sensibilità dell’insulina. Tale forma di diabete colpisce prevalentemente la popolazione adulta ma il grande aumento dell’obesità in età evolutiva rende sempre più frequente la diagnosi di diabete di tipo 2 anche in età relativamente giovane.

Nel diabete di tipo 1 la terapia elettiva è quella farmacologica, ovvero la somministrazione di insulina per via sottocutanea o tramite microinfusore. Vista l’età predominante di insorgenza la dieta dovrà fornire ai pazienti tutti gli elementi fondamentali allo sviluppo e alla crescita, ma con attenzione all’ apporto di glucosio e alla comparsa di complicanze come l’ipoglicemia o l’iperglicemia.

Nel diabete di tipo 2 la dieta è il principale strumento terapeutico, unitamente all’esercizio fisico. La dieta, che va sempre personalizzata in base alle condizioni cliniche del paziente e ad eventuali patologie associate, si ispira ai principi della dieta bilanciata mediterranea e prevede un apporto di carboidrati del 50-55% che quindi non devono essere eliminati come comunemente molti pazienti pensano. Questa quota deve derivare, però, dai carboidrati complessi ricchi in fibra (come i cereali integrali, i legumi, la frutta e la verdura) limitando gli alimenti ricchi di zuccheri semplici (dolci, zucchero, miele, marmellata, bevande gassate dolci, succhi di frutta, vino, superalcolici).

La dieta equilibrata ha come obiettivo il raggiungimento di un buon compenso glicemico, il raggiungimento di un peso corporeo ottimale qualora sia necessario un calo e prevenire le temibili complicanze cardiovascolari e microcircolatorie tipiche del diabete (nefropatia e retinopatia diabetica) attraverso un controllato apporto di grassi e di sodio.

Lo stretto monitoraggio nutrizionale del paziente con Diabete di tipo 2 è fondamentale per il raggiungimento di risultati stabili e per verificare di volta in volta il grado di adesione alla dieta e il livello di motivazione.

Anche l’esercizio fisico regolare e costante gioca un ruolo molto importante nell’ approccio a questa patologia. Il paziente va pertanto incoraggiato ad una lenta modifica delle sue abitudini “motorie”: un graduale incremento dell’attività fisica consentirà un miglior compenso glicemico, un calo di peso più soddisfacente ed una maggiore facilità nel mantenimento dei risultati raggiunti.

DISLIPIDEMIE

Il termine dislipidemia identifica un’anomalia significativa dei lipidi circolanti e, limitandosi alle forme più comuni, si riferisce all’ aumento nel sangue di colesterolo totale, LDL. HDL e trigliceridi. Le dislipidemie possono essere di natura genetica, ma il più delle volte sono secondarie ad altre condizioni. Tra queste la causa più comune è rappresentata dal binomio “dieta inappropriata e sedentarietà.

Spesso l’applicazione di adeguate norme dietetiche e di stile di vita rende possibile infatti la normalizzazione dei livelli di lipidi nel sangue senza ricorrere a farmaci (o per lo meno consente di ridurne il dosaggio), esponendo il paziente ad un minore rischio di ateroslerosi, la malattia delle arterie che può condurre a gravi incidenti vascolari come angina, infarto miocardico, claudicatio intermittens e ictus.

La dieta, in accordo con le norme dettate dalla alimentazione mediterranea, deve prevedere un apporto di grassi non superiore al 30% delle calorie totali, con particolare restrizione sui grassi saturi e sui cibi ricchi di colesterolo (burro, panna, lardo, strutto, formaggi, carni grasse, salumi, dolciumi farciti, uova, pasta fresca, creme, maionese, cibi impanati, frattaglie, crostacei). I grassi monoinsaturi, come quelli presenti nell’olio extravergine di oliva, devono invece essere preferiti per il loro effetto positivo sulla riduzione del colesterolo LDL. Per quanto riguarda gli acidi grassi polinsaturi, gli omega 6 (gli oli vegetali) riducono le concentrazioni ematiche di colesterolo mentre gli omega 3 (pesce azzurro, frutta secca, avocado, alghe marine) hanno un buon effetto ipotrigliceridemizzante.

Nelle ipertrigliceridemie importante evitare anche gli alimenti ricchi in zuccheri semplici (dolci, caramelle, cioccolatini, bevande zuccherate, frutta sciroppata, succhi di frutta) ed evitare il consumo di bevande alcoliche e superalcoliche.

La dieta deve avere anche un buon apporto di fibra, perchè riduce l’assorbimento dei lipidi a livello intestinale ed aiuta a controllare la sazietà, fattore molto importante soprattutto quando è necessario correggere anche l’eventuale sovrappeso od obesità concomitanti, evenienza molto frequente.

Oltre all’obesità, fattori di rischio secondari da indagare come causa di una di dislipidemia sono il diabete di tipo 2, l’ipotiroidismo, la sindrome nefrosica, le sindromi colestatiche, l’alcolismo, la gotta e l’assunzione di farmaci estroprogestinici.

IPERTENSIONE

L’ipertensione rappresenta una patologia molto diffusa nei paesi industrializzati la cui alta prevalenza nella popolazione di ogni fascia di età e sesso è spesso collegabile ad un errato stile di vita caratterizzato da sedentarietà, dieta ipercalorica ricca in grassi e in sale, presenza di sovrappeso o obesità, abuso di bevande alcoliche, abitudine tabagica, elevato stress psico-fisico. Tali abitudini di vita favoriscono anche la comparsa di insulino-resistenza, che rappresenta un altro fattore patogenetico dell’ipertensione arteriosa.

Una corretta alimentazione ed il controllo del peso hanno un ruolo importante per la prevenzione e la cura dell’ipertensione arteriosa condizione che, se mal controllata, può portare a temibili complicanze cardiovascolari e cerebrovascolari come l’infarto miocardico e l’ictus.

Le indicazioni generali consigliabili sono:

-limitare il consumo di sale aggiunto durante la preparazione dei pasti e a tavola, in quanto esso è già presente naturalmente in molti alimenti, soprattutto nei salumi, negli insaccati, nei formaggi, nel pesce in scatola, affumicato o essiccato, nei dadi da brodo, nelle olive, nei capperi, nei sott’aceti, che andrebbero dunque assunti con moderazione.

-preferire acque oligominerali, povere di sodio, limitare il consumo di caffè e the e prediligere un’alimentazione ricca di cibi freschi come carne magra, pesce, cereali integrali e soprattutto vegetali che grazie ai sali minerali che contengono, soprattutto il potassio, sono in grado di ridurre i valori della pressione.

-controllare il peso corporeo, in quanto eliminare i chili in eccesso tramite una dieta equilibrata significa spesso ridurre anche i valori della pressione arteriosa e, talvolta, la posologia dei farmaci da assumere.

GOTTA

La gotta è una malattia del metabolismo che colpisce soprattutto gli uomini adulti e le donne in età post-menopausale. E’ dovuta ad un eccesso di acido urico nel sangue che precipita sottoforma di cristalli di urato nelle articolazioni determinando una sintomatologia dolorosa. La sintomatologia tipica è un attacco di artrite acuta che colpisce l’articolazione metatarso-falangea dell’alluce, ma possono essere interessate anche altre articolazioni come caviglia, ginocchio e dita della mano.

La diagnosi di gotta viene posta grazie al dosaggio dell’acido urico nel sangue e attraverso il dosaggio dell’escrezione urinaria di acido urico nelle 24 ore, potendo esistere forme di gotta da aumentata produzione o da ridotta escrezione. Normalmente il paziente con gotta viene sottoposto ad una terapia farmacologica specifica per ridurre l’uricemia, ma in ogni caso è indicata anche una terapia non farmacologica che mira a controllare il peso corporeo in caso di sovrappeso o obesità e a limitare l’assunzione di alimenti ricchi di purine (precursori dell’acido urico). Gli alimenti ad elevato contenuto di purine sono per esempio le acciughe, le frattaglie, la selvaggina, i molluschi, le carni rosse, i legumi, i cereali integrali, le bevande alcoliche, i funghi, gli asparagi, gli spinaci, i dadi da brodo. Possono essere liberamente assunti invece il pane e i cereali da farina bianca, il latte e i formaggi freschi, la verdura (tranne quella prima specificata), la frutta fresca, le uova, il pollame e il pesce.

Fondamentale, infine, è bere abbondantemente per assicurare una buona diuresi, evitando tassativamente l’utilizzo di bevande alcoliche.

OSTEOPOROSI

L’osteoporosi è la conseguenza di un processo fisiologico, esasperato in senso negativo, rappresentato dal rimodellamento osseo che colpisce soprattutto le donne in età menopausale, ma che ormai è diffuso anche in altre fasce della popolazione, che si caratterizza per un’aumentata fragilità del tessuto osseo con alto rischio di fratture soprattutto vertebrali e femorali.

Durante la crescita l’osso aumenta di dimensioni raggiungendo un picco di densità ossea alla fine della pubertà e nel suo sviluppo è condizionato dagli ormoni sessuali.

Molti altri fattori, come l’attività fisica, le caratteristiche dell’alimentazione abituale, il fumo, il consumo di alcool sono in grado di condizionare positivamente o negativamente la densità ossea già a partire dalla pubertà.

Oltre che da questi fattori individuali ed dagli ormoni sessuali il rimodellamento osseo è regolato anche dal paratormone, un ormone prodotto dalle paratiroidi che determina una “regolazione” tra i fenomeni di sintesi e di riassorbimento osseo.

Già dall’età di 40-45 anni si crea uno squilibrio a favore del riassorbimento osseo, che nel sesso femminile arriva al suo apice durante la menopausa dove l’assenza dell’attività estrogenica mina la capacità di fissare calcio nelle ossa.

I pazienti con osteoporosi devono seguire una dieta bilanciata che abbia un adeguato apporto di calcio. Il calcio si trova in particolare nei prodotti caseari, nelle verdure a foglia verde (ricche di vitamina K2 che ha la capacità di “indirizzare” il calcio nelle ossa), nei broccoli, nei cavoli, nei legumi, nella farina poco raffinata, nelle mandorle, nel sesamo, nell’ acqua ricca in calcio. Oltre a ciò la dieta deve fornire un adeguato apporto di vitamina D, una vitamina liposolubile presente per esempio nel salmone, nelle aringhe, nello sgombro, nel tonno, nei gamberi, nel fegato, nelle uova, nel burro, nei formaggi grassi, nelle frattaglie, nei funghi (unica fonte vegetale) e fondamentale in quanto favorisce i’assorbimento intestinale di calcio ed i processi di mineralizzazione dell’osso.

Un’ eccessiva assunzione di calcio con la dieta può favorire il deposito dello stesso nelle arterie, aggravando il fenomeno della aterosclerosi. A tale proposito molto importante sarebbe l’azione della vitamina K2 , che attiva una serie di proteine che mobilizzano il calcio depositato nelle arterie e nei tessuti molli per poi veicolarlo nelle ossa e nei denti. La vitamina K2 o menachinone è presente in molti alimenti di origine animale e nelle verdura a foglia verde.

Contrariamente a quanto si crede non è vero che mangiare tanto formaggio sia salutare al fine di prevenire l’osteoporosi. I formaggi infatti sono alimenti fortemente ipercalorici e iperlipidici: un consumo eccessivo può aggravare l’ipercolesterolemia, condizione spesso presente in menopausa, così come anche favorire l’aumento ponderale, evenienza che già si registra fisiologicamente in menopausa a causa della riduzione del metabolismo basale. Il consumo di almeno due porzioni al giorno di latte o yoghurt parzialmente scremato, accompagnato da qualche cucchiaino di parmiggiano reggiano grattugiato sulla pasta, assicurano già un buon apporto di calcio senza appesantire la linea e il colesterolo ematico. Infine l’alta concentrazione di sale presente nei formaggi favorisce l’eliminazione di calcio con le urine motivo per cui, oltre ai formaggi, nella dieta “anti-osteoporosi” andrebbe ridotto il consumo del sale e di tutti i cibi che ne contengono maggiormente (salumi, insaccati, cibi in scatola, affumicati).

Altri consigli relativi allo stile di vita per contrastare l’osteoporosi.

– Non abusare di the e di caffè in quanto la caffeina interferisce con l’assorbimento del calcio.

– Non fumare in quanto il fumo, oltre ad essere dannoso per tante ragioni note, minerebbe anche la salute delle ossa nel corso degli anni rendendole più suscettibili alle fratture.

– Consumare alcol con moderazione (1 bicchiere per la donna e 2 bicchieri per l’uomo al giorno) in quanto se consumato in modo massiccio influenza negativamente la sintesi del tessuto osseo attraverso meccanismi ancora non del tutto chiari.

– Controllare il peso corporeo in quanto un elevato deposito di massa grassa, specialmente addominale, è un fattore di rischio per ridurre la densità ossea. La vitamina D infatti, che è una vitamina liposolubile, verrebbe assorbita dalla massa grassa creando un deficit di vitamina D circolante che a sua volta porta a demineralizzazione dell’osso.

– Prendere sole, in quanto l’esposizione alla luce solare favorisce la sintesi di vitamina D a livello cutaneo.

– Fare Attività fisica.

Numerosi studi hanno dimostrato che una corretta e costante attività fisica aumenta i valori di densità ossea rispetto alle persone sedentarie. Ciò è dovuto al fatto che le contrazioni muscolari e le sollecitazioni dei tendini sulle ossa stimolano il rimaneggiamento osseo in senso positivo.

Oltre a ciò l’esercizio fisico agisce positivamente sui principali fattori di rischio dell’osteoporosi, riducendo il rischio di fratture. Mantenere una buona forma fisica aumenta la forza muscolare, la destrezza, i riflessi e il senso di equilibrio riducendo il rischio di cadute e di fratture osteoporotiche.

Via libera quindi ad una corretta attività motoria come camminate all’aria aperta, ballo, ginnastica, scale. La bicicletta e Il nuoto sono meno indicati perché vengono praticati in “scarico gravitazionale” (se manca lo stimolo della forza di gravità l’osso non ne risente positivamente). No anche agli sport che potrebbero causare traumi o che sovraccaricano le strutture (sci, tennis).

L’intervento sullo stile di vita quindi , mirato ad una corretta alimentazione , ad regolare esercizio fisico e ad abitudini sane rappresenta una tappa fondamentale per la prevenzione e la cura dell’osteoporosi.

SINDROME METABOLICA

Si tratta di un insieme di anomalie metaboliche che possono aumentare il rischio di patologie cardiovascolari, tumorali e di altre patologie cronico-degenerative.

In Italia interessa oltre il 20% della popolazione         (vedi lavoro BCS)

Si caratterizza per la compresenza di almeno tre dei seguenti fattori di rischio: obesità addominale, ipertrigliceridemia, bassi livelli di HDL, ipercolesterolemia, ipertensione arteriosa, iperglicemia, steatosi epatica e iperuricemia.

La diagnosi pertanto si basa sulla misurazione di alcuni semplici parametri:

– circonferenza ombelicale >102 cm nell’uomo e >88 cm nella donna

– pressione arteriosa sistolica >o uguale a 135 mmHg e diastolica > o uguale a 85 mmHg.

– colesterolo HDL < a 40 mg/dl nella donna o a 50 mg/dl nell’uomo

– trigliceridemia >150 mg/dl

– glicemia a digiuno >110 mg/dl

Le cause della Sindrome Metabolica sono da ricercare in una combinazione di scorrette abitudini (dieta ed attività fisica) e predisposizione famigliare (genetica) che portano all’accumulo di grasso addominale, il quale a sua volta ha un ruolo fondamentale nell’insorgenza dell’insulino-resistenza, fattore patogenetico principale per lo sviluppo di diabete, ipertensione e dislipidemia.

Poiché l’ insulino-resistenza è un fattore fortemente influenzato dal nostro modo di mangiare ecco l’importanza della terapia dietetica nella Sindrome Metabolica, che è finalizzata a correggere le specifiche alterazioni metaboliche presenti e a ridurre l’eccesso ponderale. Le indicazioni rimandano sempre alla dieta mediterranea, ovvero ad una dieta ad elevato contenuto di fibra, di vitamine, di sali minerali e di antiossidanti presenti nella frutta e nella verdura fresca ed a ridotto apporto di cibi grassi e ipercalorici come insaccati, cibi fritti, dolciumi, salse, formaggi, burro, panna, bibite gassate zuccherate, vino, superalcolici.

Va incoraggiato invece un congruo consumo di carboidrati complessi, come pasta, riso, pane, altri cereali, preferibilmente integrali. Per i vari condimenti preferire sempre un moderato consumo di olio extravergine di oliva e un moderato uso di sale. Le erbe aromatiche e le spezie possono essere liberamente consumate.

OBESITA’

L’obesità rappresenta oggi uno dei maggiori problemi di salute pubblica a livello mondiale non solo perché la sua prevalenza è in costante e preoccupante aumento sia nell’adulto che nell’età evolutiva, ma anche perché rappresenta un importante fattore di rischio per numerose patologie croniche quali il diabete mellito di tipo 2, le malattie cardiovascolari e i tumori.

Le principali cause di questo fenomeno sono da attribuire alla sedentarietà e ad errate abitudini alimentari con consumo prevalente di cibi ipercalorici e poveri in fibra.

Esistono vari gradi di obesità, calcolabili grazie all’ indice di massa corporea, un indice ampiamente utilizzato ma che non tiene conto dell’età, della distribuzione del tessuto adiposo (addominale o periferico) né di eventuali patologie associate. In base al tale indice è possibile comunque ottenere una valutazione generale del peso corporeo per comprendere la propria “fascia” di collocazione. Normopeso=18.5-24.9, Sovrappeso=25-29.9, Obesità di I grado=30-34.9, Obesità di II grado=35-39.9, Obesità di III grado>40, Super Obesità>50)

La terapia dietetica dell’obesità, rifacendosi alle linee guida per la sana alimentazione italiana, sarà moderatamente ipocalorica, a ridotto contenuto di cibi ad elevata densità calorica come insaccati, formaggi e alimenti fritti, a ridotto contenuto in zuccheri semplici come quelli presenti nei dolciumi, bevande zuccherate, succhi di frutta, zucchero, marmellate, frutta sciroppata e ricca in frutta e verdura sia per l’apporto di fibra che di micronutrienti (vitamine e minerali).         La dieta dovrà ovviamente tenere conto anche di eventuali patologie concomitanti e andrà corredata, ove possibile, da un’adeguato programma di attività fisica che permetterà di incrementare il dispendio energetico e di migliorare l’efficienza metabolica dei muscoli.

L’utilizzo di diete troppo restrittive non è assolutamente da incoraggiare in quanto favoriscono la Sindrome dello yo-yo, ovvero il susseguirsi di cicli di calo ponderale seguiti da successivo recupero dei chili perduti . Tale errata pratica porta nel tempo ad una riduzione della massa muscolare a favore di quella grassa con conseguente riduzione del metabolismo basale e resistenza al calo ponderale, situazione davvero molto frustrante per il paziente. Oltre a ciò, questi sbalzi di peso sono dannosissimi per la salute dell’apparato cardiovascolare e possono predisporre alla comparsa di gravi problematiche o aggravarle se già presenti.

Il costante rapporto col proprio dietologo, grazie ad un percorso di ri-educazione alimentare che permetta di modificare in modo permanente l’errato stile di vita che ha portato all’obesità, aiuterà il paziente ad acquisire consapevolezza del proprio comportamento alimentare e a raggiungere un peso corporeo finale “accettabile”.

DIABETE MELLITO

Il diabete è una malattia che colpisce ogni anno milioni di persone nel mondo ed è caratterizzata dall’aumento dello zucchero nel sangue (glicemia). In base alla sua patogenesi il Diabete Mellito si distingue in Diabete di tipo 1 e in Diabete di tipo 2.

Il diabete di tipo 1 è una malattia autoimmune caratterizzata dalla distruzione delle cellule beta-pancreatiche con conseguente carenza totale o pressochè totale di insulina, un ormone prodotto dal pancreas in risposta alla quantità di glucosio presente nel sangue. Questa forma di diabete interessa più tipicamente l’età pediatrica.

Il diabete mellito di tipo 2 è caratterizzato da una alterata secrezione insulinica e da insulino-resistenza ed è spesso associato all’ obesità in quanto l’aumento del grasso addominale determina una minore sensibilità dell’insulina. Tale forma di diabete colpisce prevalentemente la popolazione adulta ma il grande aumento dell’obesità in età evolutiva rende sempre più frequente la diagnosi di diabete di tipo 2 anche in età relativamente giovane.

Nel diabete di tipo 1 la terapia elettiva è quella farmacologica, ovvero la somministrazione di insulina per via sottocutanea o tramite microinfusore. Vista l’età predominante di insorgenza la dieta dovrà fornire ai pazienti tutti gli elementi fondamentali allo sviluppo e alla crescita, ma con attenzione all’ apporto di glucosio e alla comparsa di complicanze come l’ipoglicemia o l’iperglicemia.

Nel diabete di tipo 2 la dieta è il principale strumento terapeutico, unitamente all’esercizio fisico. La dieta, che va sempre personalizzata in base alle condizioni cliniche del paziente e ad eventuali patologie associate, si ispira ai principi della dieta bilanciata mediterranea e prevede un apporto di carboidrati del 50-55% che quindi non devono essere eliminati come comunemente molti pazienti pensano. Questa quota deve derivare, però, dai carboidrati complessi ricchi in fibra (come i cereali integrali, i legumi, la frutta e la verdura) limitando gli alimenti ricchi di zuccheri semplici (dolci, zucchero, miele, marmellata, bevande gassate dolci, succhi di frutta, vino, superalcolici).

La dieta equilibrata ha come obiettivo il raggiungimento di un buon compenso glicemico, il raggiungimento di un peso corporeo ottimale qualora sia necessario un calo e prevenire le temibili complicanze cardiovascolari e microcircolatorie tipiche del diabete (nefropatia e retinopatia diabetica) attraverso un controllato apporto di grassi e di sodio.

Lo stretto monitoraggio nutrizionale del paziente con Diabete di tipo 2 è fondamentale per il raggiungimento di risultati stabili e per verificare di volta in volta il grado di adesione alla dieta e il livello di motivazione.

Anche l’esercizio fisico regolare e costante gioca un ruolo molto importante nell’ approccio a questa patologia. Il paziente va pertanto incoraggiato ad una lenta modifica delle sue abitudini “motorie”: un graduale incremento dell’attività fisica consentirà un miglior compenso glicemico, un calo di peso più soddisfacente ed una maggiore facilità nel mantenimento dei risultati raggiunti.

DISLIPIDEMIE

Il termine dislipidemia identifica un’anomalia significativa dei lipidi circolanti e, limitandosi alle forme più comuni, si riferisce all’ aumento nel sangue di colesterolo totale, LDL. HDL e trigliceridi. Le dislipidemie possono essere di natura genetica, ma il più delle volte sono secondarie ad altre condizioni. Tra queste la causa più comune è rappresentata dal binomio “dieta inappropriata e sedentarietà.

Spesso l’applicazione di adeguate norme dietetiche e di stile di vita rende possibile infatti la normalizzazione dei livelli di lipidi nel sangue senza ricorrere a farmaci (o per lo meno consente di ridurne il dosaggio), esponendo il paziente ad un minore rischio di ateroslerosi, la malattia delle arterie che può condurre a gravi incidenti vascolari come angina, infarto miocardico, claudicatio intermittens e ictus.

La dieta, in accordo con le norme dettate dalla alimentazione mediterranea, deve prevedere un apporto di grassi non superiore al 30% delle calorie totali, con particolare restrizione sui grassi saturi e sui cibi ricchi di colesterolo (burro, panna, lardo, strutto, formaggi, carni grasse, salumi, dolciumi farciti, uova, pasta fresca, creme, maionese, cibi impanati, frattaglie, crostacei). I grassi monoinsaturi, come quelli presenti nell’olio extravergine di oliva, devono invece essere preferiti per il loro effetto positivo sulla riduzione del colesterolo LDL. Per quanto riguarda gli acidi grassi polinsaturi, gli omega 6 (gli oli vegetali) riducono le concentrazioni ematiche di colesterolo mentre gli omega 3 (pesce azzurro, frutta secca, avocado, alghe marine) hanno un buon effetto ipotrigliceridemizzante.

Nelle ipertrigliceridemie importante evitare anche gli alimenti ricchi in zuccheri semplici (dolci, caramelle, cioccolatini, bevande zuccherate, frutta sciroppata, succhi di frutta) ed evitare il consumo di bevande alcoliche e superalcoliche.

La dieta deve avere anche un buon apporto di fibra, perchè riduce l’assorbimento dei lipidi a livello intestinale ed aiuta a controllare la sazietà, fattore molto importante soprattutto quando è necessario correggere anche l’eventuale sovrappeso od obesità concomitanti, evenienza molto frequente.

Oltre all’obesità, fattori di rischio secondari da indagare come causa di una di dislipidemia sono il diabete di tipo 2, l’ipotiroidismo, la sindrome nefrosica, le sindromi colestatiche, l’alcolismo, la gotta e l’assunzione di farmaci estroprogestinici.

IPERTENSIONE

L’ipertensione rappresenta una patologia molto diffusa nei paesi industrializzati la cui alta prevalenza nella popolazione di ogni fascia di età e sesso è spesso collegabile ad un errato stile di vita caratterizzato da sedentarietà, dieta ipercalorica ricca in grassi e in sale, presenza di sovrappeso o obesità, abuso di bevande alcoliche, abitudine tabagica, elevato stress psico-fisico. Tali abitudini di vita favoriscono anche la comparsa di insulino-resistenza, che rappresenta un altro fattore patogenetico dell’ipertensione arteriosa.

Una corretta alimentazione ed il controllo del peso hanno un ruolo importante per la prevenzione e la cura dell’ipertensione arteriosa condizione che, se mal controllata, può portare a temibili complicanze cardiovascolari e cerebrovascolari come l’infarto miocardico e l’ictus.

Le indicazioni generali consigliabili sono:

-limitare il consumo di sale aggiunto durante la preparazione dei pasti e a tavola, in quanto esso è già presente naturalmente in molti alimenti, soprattutto nei salumi, negli insaccati, nei formaggi, nel pesce in scatola, affumicato o essiccato, nei dadi da brodo, nelle olive, nei capperi, nei sott’aceti, che andrebbero dunque assunti con moderazione.

-preferire acque oligominerali, povere di sodio, limitare il consumo di caffè e the e prediligere un’alimentazione ricca di cibi freschi come carne magra, pesce, cereali integrali e soprattutto vegetali che grazie ai sali minerali che contengono, soprattutto il potassio, sono in grado di ridurre i valori della pressione.

-controllare il peso corporeo, in quanto eliminare i chili in eccesso tramite una dieta equilibrata significa spesso ridurre anche i valori della pressione arteriosa e, talvolta, la posologia dei farmaci da assumere.

GOTTA

La gotta è una malattia del metabolismo che colpisce soprattutto gli uomini adulti e le donne in età post-menopausale. E’ dovuta ad un eccesso di acido urico nel sangue che precipita sottoforma di cristalli di urato nelle articolazioni determinando una sintomatologia dolorosa. La sintomatologia tipica è un attacco di artrite acuta che colpisce l’articolazione metatarso-falangea dell’alluce, ma possono essere interessate anche altre articolazioni come caviglia, ginocchio e dita della mano.

La diagnosi di gotta viene posta grazie al dosaggio dell’acido urico nel sangue e attraverso il dosaggio dell’escrezione urinaria di acido urico nelle 24 ore, potendo esistere forme di gotta da aumentata produzione o da ridotta escrezione. Normalmente il paziente con gotta viene sottoposto ad una terapia farmacologica specifica per ridurre l’uricemia, ma in ogni caso è indicata anche una terapia non farmacologica che mira a controllare il peso corporeo in caso di sovrappeso o obesità e a limitare l’assunzione di alimenti ricchi di purine (precursori dell’acido urico). Gli alimenti ad elevato contenuto di purine sono per esempio le acciughe, le frattaglie, la selvaggina, i molluschi, le carni rosse, i legumi, i cereali integrali, le bevande alcoliche, i funghi, gli asparagi, gli spinaci, i dadi da brodo. Possono essere liberamente assunti invece il pane e i cereali da farina bianca, il latte e i formaggi freschi, la verdura (tranne quella prima specificata), la frutta fresca, le uova, il pollame e il pesce.

Fondamentale, infine, è bere abbondantemente per assicurare una buona diuresi, evitando tassativamente l’utilizzo di bevande alcoliche.

OSTEOPOROSI

L’osteoporosi è la conseguenza di un processo fisiologico, esasperato in senso negativo, rappresentato dal rimodellamento osseo che colpisce soprattutto le donne in età menopausale, ma che ormai è diffuso anche in altre fasce della popolazione, che si caratterizza per un’aumentata fragilità del tessuto osseo con alto rischio di fratture soprattutto vertebrali e femorali.

Durante la crescita l’osso aumenta di dimensioni raggiungendo un picco di densità ossea alla fine della pubertà e nel suo sviluppo è condizionato dagli ormoni sessuali.

Molti altri fattori, come l’attività fisica, le caratteristiche dell’alimentazione abituale, il fumo, il consumo di alcool sono in grado di condizionare positivamente o negativamente la densità ossea già a partire dalla pubertà.

Oltre che da questi fattori individuali ed dagli ormoni sessuali il rimodellamento osseo è regolato anche dal paratormone, un ormone prodotto dalle paratiroidi che determina una “regolazione” tra i fenomeni di sintesi e di riassorbimento osseo.

Già dall’età di 40-45 anni si crea uno squilibrio a favore del riassorbimento osseo, che nel sesso femminile arriva al suo apice durante la menopausa dove l’assenza dell’attività estrogenica mina la capacità di fissare calcio nelle ossa.

I pazienti con osteoporosi devono seguire una dieta bilanciata che abbia un adeguato apporto di calcio. Il calcio si trova in particolare nei prodotti caseari, nelle verdure a foglia verde (ricche di vitamina K2 che ha la capacità di “indirizzare” il calcio nelle ossa), nei broccoli, nei cavoli, nei legumi, nella farina poco raffinata, nelle mandorle, nel sesamo, nell’ acqua ricca in calcio. Oltre a ciò la dieta deve fornire un adeguato apporto di vitamina D, una vitamina liposolubile presente per esempio nel salmone, nelle aringhe, nello sgombro, nel tonno, nei gamberi, nel fegato, nelle uova, nel burro, nei formaggi grassi, nelle frattaglie, nei funghi (unica fonte vegetale) e fondamentale in quanto favorisce i’assorbimento intestinale di calcio ed i processi di mineralizzazione dell’osso.

Un’ eccessiva assunzione di calcio con la dieta può favorire il deposito dello stesso nelle arterie, aggravando il fenomeno della aterosclerosi. A tale proposito molto importante sarebbe l’azione della vitamina K2 , che attiva una serie di proteine che mobilizzano il calcio depositato nelle arterie e nei tessuti molli per poi veicolarlo nelle ossa e nei denti. La vitamina K2 o menachinone è presente in molti alimenti di origine animale e nelle verdura a foglia verde.

Contrariamente a quanto si crede non è vero che mangiare tanto formaggio sia salutare al fine di prevenire l’osteoporosi. I formaggi infatti sono alimenti fortemente ipercalorici e iperlipidici: un consumo eccessivo può aggravare l’ipercolesterolemia, condizione spesso presente in menopausa, così come anche favorire l’aumento ponderale, evenienza che già si registra fisiologicamente in menopausa a causa della riduzione del metabolismo basale. Il consumo di almeno due porzioni al giorno di latte o yoghurt parzialmente scremato, accompagnato da qualche cucchiaino di parmiggiano reggiano grattugiato sulla pasta, assicurano già un buon apporto di calcio senza appesantire la linea e il colesterolo ematico. Infine l’alta concentrazione di sale presente nei formaggi favorisce l’eliminazione di calcio con le urine motivo per cui, oltre ai formaggi, nella dieta “anti-osteoporosi” andrebbe ridotto il consumo del sale e di tutti i cibi che ne contengono maggiormente (salumi, insaccati, cibi in scatola, affumicati).

Altri consigli relativi allo stile di vita per contrastare l’osteoporosi.

– Non abusare di the e di caffè in quanto la caffeina interferisce con l’assorbimento del calcio.

– Non fumare in quanto il fumo, oltre ad essere dannoso per tante ragioni note, minerebbe anche la salute delle ossa nel corso degli anni rendendole più suscettibili alle fratture.

– Consumare alcol con moderazione (1 bicchiere per la donna e 2 bicchieri per l’uomo al giorno) in quanto se consumato in modo massiccio influenza negativamente la sintesi del tessuto osseo attraverso meccanismi ancora non del tutto chiari.

– Controllare il peso corporeo in quanto un elevato deposito di massa grassa, specialmente addominale, è un fattore di rischio per ridurre la densità ossea. La vitamina D infatti, che è una vitamina liposolubile, verrebbe assorbita dalla massa grassa creando un deficit di vitamina D circolante che a sua volta porta a demineralizzazione dell’osso.

– Prendere sole, in quanto l’esposizione alla luce solare favorisce la sintesi di vitamina D a livello cutaneo.

– Fare Attività fisica. 

Numerosi studi hanno dimostrato che una corretta e costante attività fisica aumenta i valori di densità ossea rispetto alle persone sedentarie. Ciò è dovuto al fatto che le contrazioni muscolari e le sollecitazioni dei tendini sulle ossa stimolano il rimaneggiamento osseo in senso positivo.

Oltre a ciò l’esercizio fisico agisce positivamente sui principali fattori di rischio dell’osteoporosi, riducendo il rischio di fratture. Mantenere una buona forma fisica aumenta la forza muscolare, la destrezza, i riflessi e il senso di equilibrio riducendo il rischio di cadute e di fratture osteoporotiche.

Via libera quindi ad una corretta attività motoria come camminate all’aria aperta, ballo, ginnastica, scale. La bicicletta e Il nuoto sono meno indicati perché vengono praticati in “scarico gravitazionale” (se manca lo stimolo della forza di gravità l’osso non ne risente positivamente). No anche agli sport che potrebbero causare traumi o che sovraccaricano le strutture (sci, tennis). 

L’intervento sullo stile di vita quindi , mirato ad una corretta alimentazione , ad regolare esercizio fisico e ad abitudini sane rappresenta una tappa fondamentale per la prevenzione e la cura dell’osteoporosi.

SINDROME METABOLICA

Si tratta di un insieme di anomalie metaboliche che possono aumentare il rischio di patologie cardiovascolari, tumorali e di altre patologie cronico-degenerative.

In Italia interessa oltre il 20% della popolazione         (vedi lavoro BCS)

Si caratterizza per la compresenza di almeno tre dei seguenti fattori di rischio: obesità addominale, ipertrigliceridemia, bassi livelli di HDL, ipercolesterolemia, ipertensione arteriosa, iperglicemia, steatosi epatica e iperuricemia.

La diagnosi pertanto si basa sulla misurazione di alcuni semplici parametri:

– circonferenza ombelicale >102 cm nell’uomo e >88 cm nella donna

– pressione arteriosa sistolica >o uguale a 135 mmHg e diastolica > o uguale a 85 mmHg.

– colesterolo HDL < a 40 mg/dl nella donna o a 50 mg/dl nell’uomo

– trigliceridemia >150 mg/dl

– glicemia a digiuno >110 mg/dl

Le cause della Sindrome Metabolica sono da ricercare in una combinazione di scorrette abitudini (dieta ed attività fisica) e predisposizione famigliare (genetica) che portano all’accumulo di grasso addominale, il quale a sua volta ha un ruolo fondamentale nell’insorgenza dell’insulino-resistenza, fattore patogenetico principale per lo sviluppo di diabete, ipertensione e dislipidemia.

Poiché l’ insulino-resistenza è un fattore fortemente influenzato dal nostro modo di mangiare ecco l’importanza della terapia dietetica nella Sindrome Metabolica, che è finalizzata a correggere le specifiche alterazioni metaboliche presenti e a ridurre l’eccesso ponderale. Le indicazioni rimandano sempre alla dieta mediterranea, ovvero ad una dieta ad elevato contenuto di fibra, di vitamine, di sali minerali e di antiossidanti presenti nella frutta e nella verdura fresca ed a ridotto apporto di cibi grassi e ipercalorici come insaccati, cibi fritti, dolciumi, salse, formaggi, burro, panna, bibite gassate zuccherate, vino, superalcolici.

Va incoraggiato invece un congruo consumo di carboidrati complessi, come pasta, riso, pane, altri cereali, preferibilmente integrali. Per i vari condimenti preferire sempre un moderato consumo di olio extravergine di oliva e un moderato uso di sale. Le erbe aromatiche e le spezie possono essere liberamente consumate.

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Dott.ssa Silvia Galetti
Specialista in Endocrinologia e Scienza dell’Alimentazione a Modena

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