STEATOSI EPATICA NON ALCOLICA

Si tratta di un’infiltrazione grassa del parenchima epatico che in alcuni casi può evolvere in steatoepatite ed in cirrosi per aumento della fibrosi. Tale condizione si è molto diffusa, in rapporto all’aumento dell’obesità e della sindrome metabolica, nella popolazione adulta ed è spesso accompagnata da un aumento delle transaminasi. L’intervento dietetico deve prevedere una restrizione calorica per la correzione dell’eventuale sovrappeso o obesità concomitante, la riduzione dell’ apporto in grassi saturi e l’abolizione di bevande alcoliche e superalcoliche. Qualora si associasse anche diabete mellito di tipo II e dislipidemia la dieta dovrà tenere conto anche di queste alterazioni metaboliche. Naturalmente è sempre consigliabile associare alla dieta un costante incremento dell’attività fisica.

CIRROSI EPATICA

Si tratta di una grave patologia del fegato caratterizzata istologicamente da fibrosi di gravità variabile a carico del tessuto epatico. Tra le forme principali ricordiamo la cirrosi alcolica, la cirrosi post-epatite B o C, secondaria a steatoepatite non alcolica, la cirrosi da epatite autoimmune, la cirrosi biliare, da colangite sclerosante.

La cirrosi può essere compensata oppure scompensata ovvero accompagnata da ascite, iperammoniemia fino all’ encefalopatia epatica.

Per quanto in base all’ eziologia sia possibile intervenire con protocolli dietetici diversi, generalmente la cirrosi epatica va considerata una patologia cronica con modesto impegno catabolico per cui, compatibilmente alle condizioni cliniche del paziente, l’apporto dietetico deve essere moderatamente ipercalorico ed iperproteico. L’intervento nutrizionale mira a:

-prevenire o correggere la malnutrizione tramite un adeguato apporto calorico-proteico ed una alimentazione frazionata. Ciò evita l’utilizzo degli amminoacidi come fonte di energia, ma solo a scopo plastico per la sintesi di proteine.

-correggere la steatorrea. Se sono presenti eccessive quantità di grassi nelle feci, queste assumono una particolare colorazione e consistenza. In tali casi è utile una riduzione dei grassi della dieta e l’utilizzo di grassi a media catena (MCT)

– prevenire o correggere l’encefalopatia (o coma epatico) causata dalla iperammoniemia, ovvero un eccessivo accumulo di tossine a causa della minore funzionalità del fegato. Essendo l’ammonio un prodotto del metabolismo proteico, in tal caso l’apporto di proteine deve essere ridotto dando preferenza alle proteine di origine vegetale in quanto più ricche di aminoacidi a catena ramificata.

-prevenire o correggere la ritenzione idrica (ascite/edemi) riducendo l’assunzione dei liquidi (500-750 cc al giorno) e l’assunzione di sale.

CALCOLOSI DELLA COLECISTI

La bile è una sostanza secreta dal fegato costituita prevalentemente da acidi biliari ed in misura minore da lecitina, altri fosolipidi e colesterolo. In conseguenza del riassorbimento di acqua nella colecisti la bile diviene particolarmente concentrata: se si verifica uno squilibrio dei suoi componenti, in particolare un eccesso di colesterolo, la bile può precipitare in calcoli. Il principale regolatore dello svuotamento della colecisti è l’ormone colecistochinina , secreto dal duodeno in relazione alla quota di grassi e di calorie totali introdotte con la dieta.

Lo stile di vita occidentale (alimentazione fortemente ipercalorica) può favorire la formazione di calcoli delle vie biliari. Questi vanno distinti in calcoli di colesterolo (di gran lunga i più frequenti) e in calcoli pigmentari costituiti da bilirubinato di calcio.

Tra i fattori che possono contribuire alla formazione dei calcoli ricordiamo l’aumentata secrezione di colesterolo, l’ipocinesia della colecisti e la gravidanza. Anche diete fortemente ipocaloriche, soprattutto se sbilanciate e protratte per lungo periodo, possono aumentare però il rischio di colelitiasi.

Come si può comprendere la dieta ha un ruolo importante come “causa” ma la sua correzione influisce in maniera benefica sulla prevenzione della formazione dei calcoli.

La dieta dovrà essere povera di grassi, povera di zuccheri semplici, priva di bevande alcoliche, ricca di alimenti ad elevato contenuto in fibra (come verdure, legumi, cereali integrali). In caso di obesità concomitante è utile perdere peso gradualmente in quanto la rapida perdita di peso, cime già detto, si associa ad un rischio aumentato di calcoli. Anche il digiuno può favorire la formazione dei calcoli, quindi importante frazionare la dieta in più pasti quotidiani.

PANCREATITE

Il pancreas ha un ruolo centrale nella digestione degli alimenti e nella utilizzazione dei nutrienti. Le patologie a carico del pancreas pongono quindi inevitabili problematiche nutrizionali.

Pancreatite acuta. Le cause più frequenti sono la calcolosi della colecisti, l’ipertrigliceridemia e l’abuso di alcol, spesso collegate ad errate abitudini alimentari. La sintomatologia, che è spesso acuta e drammatica, è costituita da violento dolore addominale e paralisi intestinale.

L’intervento nutrizionale prevede un iniziale periodo di Nutrizione Parenterale in ambito ospedaliero per la necessità di mettere a digiuno il paziente e a riposo l’apparato digerente. Solo successivamente è possibile, in base alla clinica del paziente, passare ad una graduale rialimentazione per bocca.

Pancreatite cronica. Si tratta di un danno irreversibile del pancreas, caratterizzato da dolore addominale, diabete e steatorrea. Le cause più comuni sono l’alcolismo, abitudini alimentari errate, dislipidemia. La sintomatologia è rappresentata da dolore addominale spesso post-prandiale, disturbi digestivi, feci non formate, diarrea.

L’impiego regolare di enzimi pancreatici migliora i sintomi e il malassorbimento. La terapia dietetica deve ovviamente limitare l’apporto di quegli alimenti che hanno svolto un ruolo patogenetico nel determinarsi della patologia. Quindi ridurre l’apporto dei grassi intorno al 25% dell’energia totale (utile la somministrazione di grassi a catena media che non necessitano della bile e delle lipasi per essere assorbiti). La quota proteica andrà calcolata in base allo stato di malnutrizione del paziente, mentre i carboidrati dovrebbero rappresentare il 55-60%. Per quanto riguarda la fibra si raccomanda di non superare i 15-20 gr al giorno in quanto la fibra , soprattutto quella solubile, rallenta i processi digestivi. Si raccomanda infine il divieto assoluto all’ assunzione di bevande alcoliche.

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Dott.ssa Silvia Galetti
Specialista in Endocrinologia e Scienza dell’Alimentazione a Modena

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